Con il passaggio dal frutto al seme si chiude il percorso delle fioriture del femminile dal bocciolo al fiore e al frutto.
Il nostro bagaglio culturale ci porta a considerare la svolta di metà della vita come uno spauracchio e una minaccia: “vedrai, quando ti arriverà la menopausa…!”. Si tende poi a esagerarne i disagi: cicli irregolari, emicranie, irritabilità, insonnia e vampate. Lasciandosi condizionare da questo ‘credo’, si considera la menopausa come un disastro inevitabile da tollerare controvoglia e si cercheranno i rimedi possibili per alleviarne superficialmente i sintomi – da quelli allopatici a quelli alternativi. Se invece si considera la menopausa una transizione evolutiva e una crescita piena di significati da scoprire, la si potrà ridimensionare. Sta a noi scegliere il modo in cui affrontarla.
Dal bocciolo al fiore
Per comprendere i cambiamenti della menopausa dobbiamo fare qualche passo indietro verso ciò che accade regolarmente – ogni mese – per tutto il periodo fertile: qualche giorno prima o durante il ciclo mestruale si apre una fase di riflessione in cui il corpo e l’anima si parlano, la barriera con l’inconscio è più sottile ed emergono i bisogni, i desideri, le passioni nascoste dall’oscurità della luna nuova. Prevale il progesterone, la donna è più orientata verso se stessa. Se si ascolta, può intuire molto bene i segnali che provengono dalla sua interiorità riguardo a tutto quello che funziona o non funziona nella sua vita. Essi esprimono una forma di saggezza interiore, di sapere lunare che emerge insieme al processo mensile di purificazione e di eliminazione di tossine fisiche e psichiche.
Al contrario, prima dell’ovulazione, spesso in coincidenza con la luna piena, prevale l’estrogeno e l’umore è su di giri. Le emozioni e il comportamento della donna sono per questo orientati verso il mondo esterno dove è appagata nel rapporto con gli altri.
Analogamente al periodo pre-mestruale, la pre-menopausa diventa una grande occasione di risveglio, come segnala C. Northrup [1]. I segnali del corpo che parlano il linguaggio del sapere lunare supplicano di essere ascoltati. Nei 40 anni del suo periodo fertile ci sono circa 480 cicli mestruali e altrettante opportunità con se stesse di presa di coscienza e risveglio, oppure di negazione del cuore della propria esistenza.
Per affrontare i bisogni, le voglie e i desideri accumulati, il Sé fa un ultimo tentativo di attirare l’attenzione, sostenuto dagli ormoni. Le vampate, per esempio, sono un segnale che il corpo le invia per farle capire che è necessario cambiare ritmo, che c’è bisogno di rallentare e di concedersi maggior riposo. La loro intensità è direttamente proporzionale allo stato di stress accumulato.
Dal fiore al frutto
La donna ha bisogno di ascoltare i richiami della propria anima con una minore disponibilità a rispondere ai bisogni altrui. Il ruolo di accudire gli altri che è stato spesso appagante e soddisfacente, viene rimesso in discussione come altre certezze fino ad allora ritenute valide. Tanti vissuti e tante emozioni non risolti richiameranno la sua attenzione, spingendola ad aprire un nuovo un periodo di riflessione. Tutto quello che è stato rimandato nella propria vita ora si ripresenta: passioni, interessi e soprattutto la propria creatività. Superata anche la perenne preoccupazione della contraccezione, si apre un nuovo cammino.
Dal frutto al seme
Quando si stabilizza la menopausa ci si muove quindi oltre la natura ciclica alternata, verso una corrente diretta, carica e focalizzata. C’è un’enorme trasformazione energetica, potente e liberatoria. L’intuito femminile e la visione d’insieme sono ora potenzialmente presenti in modo continuo (prima erano accessibili solo alcuni giorni prima del ciclo mestruale) e portano con sé una stabilità emotiva. L’emissione degli ormoni della riproduzione, gli ormoni FSH e LH che prima stimolavano l’ovulazione, non registra più picchi e cadute mensili ma diviene costante.
Se si considera l’importanza di una stabilità emotiva nella pratica dello yoga, anche per raggiungere lo stato di ritiro dei sensi (pratyāhāra), si può parlare di una vera e propria saggezza della menopausa che porta verso un nuovo stadio evolutivo. Ora ci sono tutte le condizioni per un’auto-trasformazione e una ‘risurrezione’, come il seme da frutto è pronto per una rinascita.
Come affrontare dunque questi cambiamenti con lo yoga?
Bisogna innanzitutto cogliere l’essenza dello yoga, che non può essere considerato un rimedio per sanare una sintomatologia, né un sistema utilitaristico-terapeutico. I sintomi vanno conosciuti non per liberarsene solamente, bensì come mezzi per comprendere il quadro generale in cui si situano e prendere poi coscienza delle proprie esperienze, dei condizionamenti, di atteggiamenti e reazioni.
Una volta esaminati questi ultimi si può eliminare e lasciare andare tutto quello che è inutile, vecchio, negativo oppure non sano. Come? Si può fare il paragone con la crescita di una pianta: possiamo ridurle l’acqua, il nutrimento ma se le sottraiamo la luce muore. Allo stesso modo, i nostri pensieri vivono solo perché noi diamo loro la nostra energia vitale e attenzione, diversamente, morirebbero: sta a noi educare la nostra mente.
Qual è dunque il cammino verso un atteggiamento ‘yogico’?
Uno degli atteggiamenti mentali riscontrabile con più frequenza è quello della rassegnazione, dello scetticismo, dell’auto-svalutazione e della resistenza al cambiamento, che si può riassumere nella frase: “io non posso” (occuparmi di me, vivere in modo sereno, stare bene), con l’erroneo implicito secondo cui la donna può solo subire i cambiamenti della menopausa.
Nel testo di Patañjali (Yogasūtra I.33), ci viene invece spiegato come superare gli ostacoli nel cammino dello yoga, sviluppando le tendenze loro opposte. Citta Prasādanam, ad esempio: con un’attenzione rilassata, rendo la mia mente un luogo piacevole (prasāda è il cibo consacrato); una mente serena e in pace, i cui pensieri sono gradevoli per sé e gli altri, diventa il primo gradino del cammino, con cui cambiare atteggiamento e dirsi: “io posso” (ascoltarmi, rispettarmi, avere fiducia e accettare (invece di resistere) i cambiamenti.
Āsana e prāṇāyāma sono pratiche di purificazione tapas, che in virtù della loro intensità bruciano le abitudini ‘impure’ se praticate con assiduità (abhyāsa) e distacco (vairāgya). Il passaggio dalle sequenze dinamiche di āsana a quelle statiche rallenta il corpo ma anche la mente, come nell’esempio di setu bandhāsana e di adho mukha svanāsana. Si possono poi disinvestire i centri riproduttivi dai cakra più bassi a beneficio di quelli più alti e farli rinascere con vigore verso una crescita personale e una creatività non condizionata, come accade, ad esempio, nella recitazione del praṇava ‘AUM’ e nel prāṇāyāma classico bhrāmarī (il suono del calabrone).
Diventa indispensabile lavorare sull’equilibrio dei due emisferi del cervello, dei due toni energetici – maschile e femminile – e del sistema nervoso centrale – simpatico e parasimpatico – come avviene nella pratica di nāḍī śodhana (respirazione a narici alternate).
Nella meditazione (antar mauna) – l’attivazione del ‘testimone interiore’ – si può imparare a osservare se stesse, a interrompere il dialogo, il giudizio, l’interpretazione e l’analisi e affrontare il contenuto della mente, piacevole e non, con lo stesso distacco. Il dolore quindi, può essere utilizzato per sviluppare una forza interiore; le difficoltà possono essere considerate uno stress, oppure una sfida: nel primo caso si cercherà una soluzione all’esterno di sé, nel secondo invece si cercherà di cambiare un atteggiamento.
Ecco i feedback delle giovani insieme alle donne più mature che hanno partecipato al percorso seminariale Yoga e Donna sulle fioriture del femminile.
“Ascoltarvi è come ricevere una lettera dal futuro. Ci avete dato occasione di uno sguardo d’insieme sul tutto.” (Francesca)
“Un’occasione rara per riunirsi e comprendere il ruolo di ognuna. Da giovani è una vera fortuna, in quanto permette di comprendere e vivere più autenticamente la propria natura – in anticipo.” (Valeria)
“Un viaggio a ritroso nel tempo, un recupero di tutte “quelle occasioni perse” con la mia ciclicità: il menarca, la fertilità, la maternità. Ora, con la menopausa la saggezza trova finalmente la sua voce.” (Claudia)
“Come insegnante di yoga, questo percorso oltre al considerevole bagaglio didattico, mi ha permesso soprattutto un’esperienza di profonda crescita personale, ‘rinascita’ e ‘ridefinizione’ della mia femminilità.” (Alessia)
L’attenzione si sposta dunque al mondo interiore, ci si allontana dal personale e ci si avvicina all’universale, per gioire della saggezza, delle esperienze della propria vita e tramandarle di generazione in generazione.
[1] Christiane Northrup, The Wisdom of Menopause, Banton Books, 2001, p.43.
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