Articolo pubblicato sulla rivista Vivere lo yoga n°79, febbraio-marzo 2018
Nel percorso di ricerca Yoga e Donna è necessario mettere a fuoco l’anatomia e la fisiologia del corpo fisico, pranico e spirituale dei centri coscienziali – i cakra, per sviluppare una consapevolezza più profonda delle fioriture del femminile.
Risvegliare i cakra potrebbe comportare l’emersione e l’espressione del loro contenuto karmico e dei saṃsāra. Non tutti sono pronti ad affrontare esperienze di tale portata. Questo spiega perché, seguendo le indicazioni di Swami Satyananda Saraswati, è auspicabile cominciare da ājñā che purifica la mente invece di iniziare a praticare, come è frequente, dai centri più bassi come mūlādhāra.
Ājñā vuol dire “centro del comando”. Il terzo occhio (che vede dentro e non fuori come gli occhi) è ‘l’occhio dell’intuizione’, più attivo nelle donne che negli uomini. Swami Satyananda enfatizza come le donne “siano più sensitive, psichiche e percettive e spesso capaci di presagire eventi futuri” (Kundalini Tantra, p.158). Queste capacità sono una grande risorsa quando vengono comprese e onorate, ma il problema nasce quando esse vengono denigrate.
Nel cammino progressivo dello yoga, il progetto è trasformare la consapevolezza individuale, basata soprattutto sull’ego e sulla dualità. Quando le tre nāḍī più importanti iḍā e pingala confluiscono con suṣumṇā in un unico flusso di consapevolezza in ājñā cakra verso sahasrāra, la coscienza individuale si espande oltre la dualità, verso la liberazione.
L’elemento di ājñā è la luce, stimolata con la ripetizione del praṇava OM visualizzando bṛumadhia (il centro tra le sopracciglia). Nella recitazione della sacra sillaba OM bisogna pensare al suo significato, perché è la manifestazione dell’Assoluto, dell’Infinito e di tutte le concezioni umane del Divino.
Il risveglio di ājñā conduce ad una mente più stabile e alla manifestazione della buddhi (l’intelligenza superiore) e alla riduzione dei kleśa (vedi I Kleśa N.78 Vivere lo Yoga).
Ājñā diventa il centro dell’osservatore e ‘dell’essere un testimone’ di tutto quello che avviene del corpo e nella mente. È con questa dedizione che ci si prepara a risvegliare gli altri cakra, spostando la luce della propria attenzione come la luce del sole, che anima e nutre il mondo sottostante.
Il primo dal basso verso l’alto, mūlādhāra cakra, è la base e la radice dell’intero sistema energetico coscienziale e di tutta la propria esistenza. L’elemento predominante è la terra e la sua simbologia è la stabilità, la fermezza, la sicurezza e il sostegno. Riguarda la sopravvivenza individuale, con tutto quello che essa comporta: il lavoro, la casa e gli affetti primari (Wheels of Life, Anodea Judith, 1990). Basti pensare a come ci si sente quando una di queste varianti viene a mancare come in un lutto, una separazione o un trasloco. La luce della consapevolezza nutre la nostra radice soprattutto nei momenti di maggior bisogno.
Nelle donne esso è localizzato nella cervice o collo dell’utero e quando si apre, come durante il parto fisiologico, si scatena come uno tsunami, un’onda energetica che non è governabile ma che lascia la donna con una grande forza interiore come non vi è uguale.
Nelle donne giovani il mulādhāra cakra andrebbe conosciuto con la pratica degli opposti (tono muscolare-rilassamento) di mulābandha; e cosí durante tutta la gravidanza, per prepararsi al parto. Tanto serve alla gestante dedicarsi al rilassamento, per poter accogliere l’apertura di 9-10 cm durante il travaglio-parto, tanto deve lavorare la neomamma sul tono muscolare nel dopo parto. Anche nella perimenopausa, nella menopausa-maturità, mulābandha va praticato assiduamente per venire incontro ai grandi cambiamenti ormonali. Altri modi per risvegliare mulādhāra sono le pratiche sui piedi ben piantati a terra come le radici di un albero.
Il secondo centro, svādhiṣṭāna cakra , si scompone letteralmente in sva (proprio sé) e dhistāna (‘dimora’ o ‘residenza’). Ha come elemento l’acqua e simboleggia l’inconscio che contiene i movimenti sotterranei dei karma e dei saṃsāra in forma di semi. Il coccige è la sua sede, lo kshetram (risonanza frontale) corrisponde agli organi riproduttivi femminili e l’energia primordiale vi risiede.
Quest’energia acquista diversi nomi in base al livello percepito: “quello più alto viene chiamata esperienza spirituale; quello emozionale è conosciuta come amore; quello fisico è conosciuta come sesso; il più basso come avidyā” (Kundalini Tantra, p.183). Con il suo risveglio, è sua la stessa energia che, trasformandosi, nutre gli altri cakra. Shashankāsana, ardha shalabāsana e shalabāsana sono alcune delle pratiche da sviluppare per questo cakra.
Innovativo e centrale nel percorso Yoga e Donna è l’ideazione dello yonisthāna cakra, in cui il grembo-utero viene collocato tra l’elemento terra di mulādhāra e l’elemento acqua di svādhiṣṭāna (Yoni Shakti, Dinsmore-Tuli, 2014). Gli esempi citati sono i tanti fluidi dell’utero-vagina: il flusso mestruale, i cambiamenti ciclici del muco, l’uscita del liquido amniotico, il muco dell’eccitamento sessuale nell’orgasmo (Yoni Shakti pos. 3355). Mentre la vulva lo collega all’elemento terra, come porta d’ingresso cosmico sotto il grembo.
La fusione dei due elementi è simbolica della capacità femminile di essere allo stesso tempo radicata, ferma, stabile e nutriente come la terra e anche versatile, fluida e creativa come l’acqua. Portare la propria attenzione con le mani in yogi mudra sullo yonisthāna è una pratica potente che aiuta a fermarsi ed interiorizzarsi per comprendere e onorare la propria natura ciclica, nell’età fertile e nella svolta di metà della vita.
Il terzo centro, maṇipura cakra, deriva da maṇi (gioiello) e pura (città): è la città dei gioielli e ha come elemento il fuoco. È il plesso solare e il centro di gravità dell’individuo che si afferma col dinamismo e con la volontà per raggiungere dei risultati. Spesso è paragonato al sole che irradia energia e calore ai pianeti: così maṇipura distribuisce l’energia pranica all’intero sistema degli organi e dei processi fisiologici. Quando è carente la persona è debole e priva d’energia come ad esempio accade in una cattiva digestione.
Nella prima fioritura, quando la giovane deve affermarsi nello studio o mondo del lavoro, deve sviluppare pratiche per essere centrata e ben radicata. Il lavoro sul tono muscolare del plesso solare non deve essere a scapito della capacità di rilassare lo stesso, soprattutto nei cambiamenti ormonali mensili. Durante la purificazione-mestruazione è necessario rilassare l’addome e tenerlo caldo per facilitare il lavoro delle ovaie e dell’utero senza ostacolarlo.
Nella seconda fioritura, il baricentro del corpo durante il II e III trimestre della gravidanza cambia e si sposta in avanti per compensare l’aumento del peso. La gestante deve trovare un nuovo equilibrio con il suo bambino in gravidanza e potrà effettuare con la respirazione la retroversione del bacino. Nel puerperio, la neomamma potrà rafforzare l’addome solo dopo aver tonificato il perineo con mulābandha riacquisendo il tono perduto.
Questa sequenza – la tonificazione prima del perineo e poi dei muscoli addominali obliqui e traversi- si applica sempre nelle tre fioriture, anche per le giovani e per le donne più mature. Allo stesso modo la pratica di uddiyana bandha si effettua insieme a mulābandha.
Anāhata, vuol dire ‘non colpito’, ‘non battuto’, il quarto cakra prende il suo nome dal ritmo costante e senza interruzione del cuore, prima della nascita fino alla morte. Ha come elemento l’aria. È la simbologia della compassione, in cui l’amore incondizionato prevale sull’ego. L’icona più frequente e familiare che conosciamo è quella, nelle nostre chiese, della Vergine Maria con il Bambino in braccio. La donna ha sempre grandi soddisfazioni nell’accudire e nutrire gli altri con amore.
Questo tuttavia cambia nella perimenopausa-menopausa, quando c’è bisogno di tutte le sue forze per affrontare i suoi cambiamenti. E così come il cuore che nutre prima se stesso e poi il resto del corpo, la donna deve prima rinascere.
Il vishuddhi cakra, localizzato nella gola, ha come elemento l’etere e il suono. La parola shuddhi vuole dire purificare e armonizzare gli opposti. È il centro per ricevere, la sensazione di essere presi a carico (feeling of being taken care of), legati a una fonte affidabile di nutrimento, di sentirsi sostanzialmente sicuri. La tiroide regola il metabolismo del cibo e dell’aria: “l’ego cerca e desidera un ‘nutrimento dall’alto’ per una guida oltre i limiti dei suoi condizionamenti” (Swami Asokananda, Milano 2011).
Vishuddhi è il centro della verbalizzazione e vocalizzazione; il cantare e la creatività nell’arte e nella musica mirano a una trasformazione interiore e crescita personale sia in occidente che in oriente perché arti devozionali. Il processo artistico è un portare alla coscienza qualcosa che prima era sconosciuto tramite un uso creativo di simboli. Nella terza fioritura della menopausa-maturità verso una rinascita e crescita spirituale, il cerchio si chiude con questo cakra. Quando viene risvegliato, ad esempio in una pratica collettiva di Yoga e Donna come un cerchio di sostegno femminile, viene espresso e liberato “tutto il non detto”.
In questo percorso si sviluppa una consapevolezza dell’essenza più nascosta dietro le apparenze e l’atteggiamento esistenziale alla vita cambierà. Si potrà vivere pienamente con il giusto distacco il fluire della propria vita.